“Insomma. Se eri bambino negli anni novanta e abitavi lì, dovevi per forza aspettare i fuochi artificiali di settembre, il rally che ogni estate attraversava le Valli di Lanzo, o le scarne giostre che nei giorni del santo patrono occupavano piazza Rolle, accanto ai venditori ambulanti di torrone e zucchero filato”.
Se l’infanzia fosse il sogno, la crescita potrebbe esserne l’evoluzione dell’incubo naturale?
È il 1996 e su Lanzo Torinese, un piccolo borgo piemontese, sta cominciando a cadere una neve sottile, che ben presto coprirà tutto: questo è il punto di partenza di Morsi, libro firmato da Marco Peano edito da Bompiani. Nella terra calpestata di provincia, che io riconosco e della quale sono permeata, perché tutte le provincie si somigliano un po’ nei colori e nei gusti, la giovane Sonia si appresta a passare le vacanze di Natale.
Studiosa e diligente, Sonia vive nella casa di Nonna Ada, figura algida e a tratti distante, che cammina con passo incerto ma che sulle spalle ha una forza misteriosa, legata alla sua nomea di guaritrice. Le vacanze di Sonia si tingono di oscurità quando la scuola viene chiusa anticipatamente a causa di ciò che gli adulti chiamano “l’incidente” e che lei non riesce a capire. Sarà il coetaneo Teo a far luce sui terribili fatti che hanno portato la scuola a chiudere i battenti in anticipo e che hanno avvolto gli adulti in una paura sotterranea e serpeggiante a cui non riescono a dare un nome. La neve continua a cadere fino a trasformare il mondo in una tela bianca e immacolata che, tuttavia, si macchierà ben presto di sangue e disperazione mentre Sonia e Teo scopriranno di essere all’interno di un racconto dell’orrore, dove una strana “epidemia” estremamente contagiosa sta cambiando i confini del mondo. Del loro mondo.
Marco Peano scrive magistralmente e in punta di penna una favola nerissima piena di sentimenti, sangue e tensione sotterranea. L’epidemia che giunge, distrugge e divora tutto ciò che incontra sul suo terreno è la metafora più convincente e più attuale che si possa pensare pensando al nostro vissuto attuale. Una distruzione interiore di mondi di convinzioni e convenzioni. La montagna e suoi gesti antichi cooperano a costruire la claustrofobia della paura.
“Insomma, le era chiaro che non poteva in alcun modo stabilire cosa stesse davvero accadendo là fuori”.
L’epidemia descritta da Marco Peano è soprattutto quella di un’umanità arrabbiata, incapace di progredire e comunicare, che guarda solo a se stessa e distrugge tutto ciò che è nuovo.
Formazione, passato e presente: Morsi è tutto questo e molte altre cose ancora che ogni lettore potrà scoprire.
In Morsi la paura si fonde quindi con la crescita e, se crescere non è una cosa spaventosa, cosa davvero lo è?
Era tempo di uscire. Adesso per loro sarebbe venuta la parte più difficile.
Natalia Ceravolo
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