Il vento della brughiera inglese ulula possente, sferza il legno delle porte della canonica di Haworth, raggiunge le sorelle Brontë nel salotto, impegnate a scrivere, chine sui loro fogli. Il graffiare dei pennini si unisce alla danza. Charlotte fissa le righe mentre cerca di superare un’impasse, Anne è lenta e decisa mentre traccia Agnes, Emily invece corre, come se qualcosa l’opprimesse. Me le immagino così, in una loro serata tipica, racchiuse fra le mura della loro casa. Vicine e sorrette da un legame che le unisce come una corda, quella corda che, scrive Charlotte, unisce Rochester a Jane, per l’eternità.

Ci hanno provato in molti a imbrigliare la personalità delle sorelle, giocando con i punti di vista, dando voce alle loro opere. E non sempre il risultato è riuscito a portare sullo schermo il loro spirito.

Siamo nel 2022, esce nelle sale Emily, un film scritto e diretto da Frances O’Connor. La O’Connor, principalmente attrice per tutta la sua carriera, è al suo esordio. Emily è interpretata da una splendida Emma Mackey che riesce nell’intento di regalarci una donna ribelle, selvaggia e intelligente. O’Connor si sofferma su un momento particolare della vita di Emily, prima della scrittura di Cime tempestose, quando in canonica arriva un nuovo curato, William Weightman. In particolare la regista pone l’attenzione sul trovare la scintilla che ha portato Emily a scrivere uno dei romanzi più rivoluzionari di sempre.

Emily ci viene presentata come profondamente timida, con lo sguardo rivolto sempre verso il basso, legata alla famiglia, al fratello e alle sorelle. Nelle lettere Charlotte la descrive come una donna con una sua voce, molto forte, che ha sempre sofferto la lontananza da Haworth, preferendo rimanere nel suo mondo, piuttosto che andare all’esterno a conoscerlo. Un mondo fatto di passeggiate nella brughiera, con il vento a fare da padrone, tra i rumori della natura e i silenzi dei vivi. La Mackey ci ridà un ritratto che incarna questa Emily, la Emily delle lettere e delle descrizioni di Charlotte, la sola Emily che poteva riuscire a narrarci un’opera incredibile.

La scelta delle location del film (è stato girato nello Yorkshire) rispetta l’immaginario della campagna inglese e della brughiera, così come la canonica imponente, accanto al cimitero. Oltre a Emma Mackey, appare giusta la scelta di Fion Whitehead, attore britannico, per dare vita al complesso fratello Branwell. Whitehead riesce a caratterizzare al meglio lo sregolato, ma sensibile e ferito Branwell. Scacciato da Miss Robinson, in una scena del film, cancella il suo volto dal famoso ritratto delle sorelle, nel suo viso c’è dolore, rammarico, colpa, rabbia, e la drammaticità del momento ci mostra Branwell così come lo abbiamo immaginato attraverso gli scritti di Charlotte e La signora di Wildfell Hall di Anne. Distorta è la rappresentazione di Charlotte: fredda, invidiosa, a tratti crudele. A mio avviso, un ritratto lontano dalla vera Charlotte, forse messo in scena per creare attrito in una trama che purtroppo rappresenta il tasto dolente dell’intero film. La O’Connor dà vita alla storia d’amore tra Emily e William Weightman, una storia passionale, carnale, con un finale tragico, che porterà alla stesura di Cime Tempestose.

In realtà da quello che sappiamo su Weightman aveva un carattere affabile e cercava spesso di incantare le sorelle, e le donne in generale, e si presuppone che avesse flirtato con l’amica di Charlotte, Ellen Nussey. Ma le congetture più note parlano di un legame proprio con la più piccola della famiglia, Anne.

La relazione tra la giovane Anne e William Weightman, il vicario di suo padre, è più che probabile. Di certo la cosa non è andata molto lontano a causa della morte prematura di lui, ma la stessa Charlotte nelle sue lettere all’amica Ellen Nussey ha fatto più volte riferimento all’intesa che sembrava essersi instaurata tra i due”.  La poesia Farewell (Addio) di Anne si crede fosse rivolta proprio a Weightman prematuramente morto di colera:

Addio a te, ma non addio
A tutti i miei pensieri più cari su di te:
Nel mio cuore continueranno a risiedere;
E mi rallegreranno e mi consoleranno.
Oh, bellezza, e piena di grazia!
Se non avessi mai incontrato il mio sguardo,
non avrei sognato che un volto vivente
potesse concepire un fascino così straordinario.

La O’Connor romanza ed edulcora una vita della quale sappiamo davvero poco, se non attraverso Elizabeth Gaskell o la stessa Charlotte. Ma come scrive Angeles Caso, in Tutto questo fuoco: “Recentemente, però, la scrittrice e ricercatrice Sarah Fermi ha fatto una scoperta interessante. Convinta che ci fosse qualche strana lacuna nelle informazioni disponibili sul conto di Emily, Fermi ha studiato attentamente la sua poesia, scoprendo un radicale cambiamento di tono tra il 1836 e il 1837, quando aveva diciotto anni. Emily smette in quel momento di scrivere poesie allegre, piene di entusiasmo, e sembra sprofondare in un ben diverso stato d’animo, scrivendo spesso, da allora, della morte della persona amata. È vero che non è facile sapere quando la sua poesia è autobiografica o quando viene messa in bocca a uno dei personaggi della saga di Gondal, ma Fermi era partita dal presupposto che quel cambiamento non potesse essere casuale. Convinta che in quelle date dovesse essere accaduto qualcosa di grave, indagò nell’archivio delle sepolture di Haworth negli anni 1836 e 1837, e trovò qualcosa di indicativo: il 14 dicembre 1836, in coincidenza con la svolta emotiva di Emily, il reverendo Patrick Brontë officiò nel cimitero accanto a casa la sepoltura di Robert Clayton, un ragazzo della classe operaia che aveva esattamente la stessa età di Emily. Questa informazione sembra corrispondere alle iniziali “R.C.” scritte a margine di una delle sue poesie, di cui nessuno aveva mai saputo fornire una spiegazione”.

Emily di Frances O’Connor quindi è un film godibile, con costumi, scenografie e fotografia accurate, se si accetta che ciò che si vede è invenzione, un espediente narrativo per darci un ritratto nitido di Emily e Branwell e sbiadito di Anne e Charlotte.

Il film che invece più si avvicina ai fatti presumibilmente veri è Le sorelle Brontë di André Téchiné. La pellicola è del 1979 e porta con sé alcuni elementi del vecchio cinema. Spesso nelle scene vi sono cupi silenzi, le azioni sono molto lente, come lo sono le dinamiche. Téchiné vuole riportare su schermo il linguaggio ottocentesco e la sua atmosfera, creando un effetto di oppressione e freddezza in tutta la pellicola. Il risultato è un film accurato dal punto di vista biografico ma piuttosto ostico da sorbire in due ore. Ore nelle quali viene dato grande spazio a Branwell, offuscando in alcuni casi le sorelle stesse.

Isabelle Adjani, che interpreta Emily, rimarca in maniera eccessiva, la “stranezza” di Emily, enfatizza il suo comportamento, spesso spalancando gli occhi. I movimenti sono drammatici, teatrali, e viene portata a galla, soprattutto nelle scene davanti alla taverna, una certa ambiguità nel rapporto tra Emily e Branwell, una visceralità tossica. È però indagato, forse per la prima volta sullo schermo, l’amore non corrisposto tra Monsieur Héger e Charlotte, interpretata da una magnetica Marie-France Pisier, che con la sua recitazione offusca il resto del cast. Presentato al 32° Festival di Cannes è in francese ma si può trovare anche sottotitolato o col doppiaggio italiano degli anni 80.

Di maggior successo sembra essere To walk invisible: The Brontë sisters di Sally Wainwright per la BBC del 2016, recensito come “bello, cupo e vibrante”. La pellicola però pare si trovi solo in inglese.

Numerosi sono anche i film che rappresentano le opere delle sorelle. Per Charlotte, Jane Eyre di Franco Zeffirelli del 1996 e di Cary Fukunaga del 2011. Di Cime tempestose resta intramontabile il film del 1992 diretto da Peter Kosminsky con Juliette Binoche e Ralph Fiennes. Di Anne invece solo La Signora di Wildfell Hall ha visto la luce sullo schermo con un film nel 1996 di Mike Barker.

O’Connor e Téchiné a distanza di quasi quarant’anni l’una dall’altro, con le loro opere, cercano di puntare una luce sulla vita quotidiana a Haworth, sulle dinamiche sorelle-fratello, sulle donne scrittrici che vivono un’epoca che non le appartiene. Sia in Emily che in Le sorelle Brontë è lampante il talento letterario delle sorelle e quanto sia difficile viverlo in quanto donne. Le pellicole sono tentativi di delineare dei loro ritratti, di delineare la loro personalità. La cruda verità, come piacerebbe dire a Emily, è che non potremo mai sapere chi fossero realmente. Vissute due secoli fa, sono arrivate a noi filtrate e seguite da un alone di mistero. E, alla fine, che il film rispetti o meno la loro vita è meno importante se ne vien fuori anche solo un barlume del loro carattere, del loro temperamento. Un’altra cruda verità è che non scopriremo mai il loro cuore se non leggendo ciò che ci hanno lasciato, le poesie e i romanzi. Lì risiedono le vere sorelle ed è lì che dovremmo andare a cercarle al calar della luce con il vento che ulula fuori dalle finestre.

Ilaria Amoruso

Filmografia
Emily di Frances O’Connor
Le sorelle Brontë di André Téchiné