Ci sono romanzi che vanno a scavare la violenza e il dolore in un modo talmente profondo e assurdo da sembrare forzati. Eppure, con l’esperienza, ho notato che la vita riesce, in modo inaspettato, a fare anche di peggio. Le Pentite, di Francesca G. Marone, Les Flâneurs Edizioni, è la storia di Federica, Maria, Elisa e Albina e quella di tutte le donne. Quando dico tutte le donne intendo davvero tutte, non solo quelle che subiscono una violenza fisica, facile da riconoscere. Questo perché penso che troppo spesso, il solo fatto di far parte del genere femminile porti, anche se in misure e in modi diversi, a vari tipi di violenza: fisica, verbale, psicologica, economica o sessuale, nel 1700, come nel caso di Elisa e Albina, così come ai giorni nostri per ciò che succede a Federica e Maria.

L’autrice decide di dare voce alle donne, alternando passato e presente e mostrando situazioni analoghe dove, però, la violenza non subisce mutamenti. Ai giorni nostri incontriamo Federica e Maria, ormai cinquantenni, legate a vita dal filo della violenza perpetrata da un uomo, il Lupo, che anni prima le ha irretite per sottometterle e umiliarle, lasciando delle ferite profonde nei loro corpi e nei loro animi. Le due donne si rincontrano adulte e hanno il coraggio non solo di riportare alla luce il dolore che le ha sopraffatte per anni, ma anche di metterci una pietra sopra e provare a vivere finalmente una vita piena di amore e libertà. Federica, storica dell’arte che ha abbandonato la carriera accademica, viene chiamata dall’Università per occuparsi di un progetto sull’Ospedale degli Incurabili di Napoli, complesso monumentale e il più antico ospedale di Napoli, fatto costruire intorno al 1500 per gli incurabili, ossia i malati cronici di sifilide. Ed è proprio questo il punto di contatto con le altre due storie. Elisa e Albina sono, infatti, due donne che vengono rinchiuse all’interno di queste inospitali mura per motivi diversi: la prima è una pentita, ex prostituta obbligata a rimanere a servizio dei malati dell’ospedale e la seconda è una ragazza abbandonata dalla madre a causa delle sue stranezze. La colpa principale di queste donne sarà quella di volere essere loro stesse, di mostrare coraggio, di alzare la testa e provare a vivere la loro libertà personale, così come Federica e Maria. Gli uomini delle loro vite, però, non lo permettono: là dove non possono esercitare la loro supremazia e il loro potere decidono di correggere con la violenza, privando le donne della loro dignità e, nel caso di Elisa e Albina, anche della loro vita. Il loro aguzzino è il Mastrogiorgio, una sorta di infermiere carceriere che arriva a compiere un atto estremo solo per pura cattiveria, per assecondare la denuncia delle altre pentite che vogliono vedere una punizione esemplare per queste donne considerate “diverse”. In questi incastri di perversione e orrori, spicca la figura di Giuseppe, ispirato al medico vissuto a cavallo tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, Giuseppe Moscati. Quest’uomo, che dedica tutta la sua vita alla medicina e alla cura degli altri, incontrerà Maria una prima volta, per curarle le ferite fisiche causate dal Lupo, poi le due donne lo ritroveranno alla fine del racconto all’Ospedale degli Incurabili, anziano e forse non più nel pieno delle sue facoltà ma con l’animo e la testa rivolti a tutte quelle donne che hanno subito ingiustamente violenza, cercando di offrire come può e ancora una volta, il suo prezioso aiuto di professionista e di essere umano.

Le pentite è un romanzo che oltrepassa la violenza per regalarci la libertà. Le nostre storie sono tutte intrecciate come nel racconto di Francesca G. Marone, oppure se non lo sono, lo possono diventare se abbiamo voglia di aiutarci come hanno fatto le quattro donne l’una con l’altra o come ha fatto Giuseppe, dedicando una vita intera a coloro che avevano bisogno di aiuto.

Veronica Nucci