La tua assenza è tenebra🔗vi farà piangere, ma vi renderà felici se amate i libri che indagano il senso della vita, libri che contengono più domande che risposte.

«Il destino lo costruiamo vivendo. È il tessuto degli dei. Oppure il tiro alla cieca del caso.»

Il narratore ci racconta storie dentro ad un’altra storia, la principale, dove c’è lui, che gioca a confondere il lettore, ma potrebbe essere l’altro a confonderci, un interlocutore misterioso che lo manipola. Ad un certo punto il lettore non sa più in quale storia si trovi, se nella principale che contiene le altre oppure in una delle tante che formano la principale. Potrei dire che questo romanzo è un grande albero, quasi un albero genealogico. Ogni ramo ci racconta la vita di qualcuno e, tutti, sono legati. Ho immaginato e ipotizzato, ma quasi sicuramente lo farete anche voi, che il narratore non sia reale. Potrebbe essere morto e a parlare sia il suo diario, che prende voce, o un fantasma, oppure ancora un essere magico che vive più vite contemporaneamente e ancora non lo sa, non ha consapevolezza di essere un viaggiatore tra mondi, o un semidio – del resto la parola semidio ci ricorda un essere a metà tra la natura umana e divina -. Potrebbe anche essere il diavolo in persona.

Quando scrive le storie “minori”, che nascono dal suo osservare fuori da una roulotte, e ci narra degli antenati dei ragazzi che vede e con cui interagisce (quando esce da quel luogo non luogo), ci narra di una vita più dura in una terra inospitale, tra i fiordi occidentali dell’Islanda. Le trame di quelle vite sono storie di amori, storie che contengono la forza di scegliere o, di non scegliere; è sempre l’amore che governa quelle vite, determinando il presente. Quell’energia così potente che è l’amore, ci dà la possibilità di riportare in vita tutti i personaggi che non ci sono più, che giacciono sotto terra in un piccolo cimitero. È da lì che iniziano a germogliare le basi delle storie, davanti alle lapidi, storie dove i vivi e i morti si incontrano, con un sottofondo musicale che non ci abbandona mai e, anzi, certi testi sembrano scritti proprio per ampliare il senso di un dialogo incapace di comunicare.

C’è la necessità che queste storie vengano scritte, ma potremmo anche usare la parola urgenza… È il narratore che scrive; tuttavia le pagine sono talmente tante che dovrebbe aver avuto più tempo a disposizione. È un enigma. Poi tutto sparisce. È così che fa il tempo: cancella.

Grazie al narratore e alla scrittura, gli avi dei personaggi che vivono nel presente, sembrano tornati in vita. Questa è la percezione che ha il lettore, e il motivo per cui piange quando la luce si spegne, i rami cadono e tutto finisce. Sente la loro mancanza!

Lo consiglio a chi ama le letture profonde e a chi soffre per una perdita importante. Attenzione però, questo libro non vi consolerà. Assolutamente no! Vi starà accanto come una persona che condivide il vostro stesso dolore – quel medesimo vuoto dell’assenza -, e che non vi dirà mai le solite frasi, tipo “la vita va avanti”, mentre tu pensi che è proprio questo il problema. La vita va avanti per i vivi, ma quell’andare avanti aumenta la distanza tra noi e loro, offuscando la memoria, le immagini, le voci, i suoni, fino alla dimenticanza e, quando dimentichi qualcuno o qualcosa, è come se non fosse mai esistito.

Riporto uno stralcio che rende perfettamente:

«Sono morti in tanti eppure la vita continua, non importa quali e quante siano le persone che muoiono. La vita continua il suo corso come se niente fosse successo. […] muori e la vita continua il suo percorso senza intoppi, si comporta come se tu non fossi mai esistito. Non si ferma mai, nemmeno per una frazione di secondo, che importa chi muore, che importa in quanti muoiano, lei continua inarrestabile, perfettamente indifferente, e noi siamo costretti a seguirla, siamo costretti a lasciarci dietro chi è caduto, lo abbandoniamo, lo lasciamo indietro per seguire la vita. La vita e sempre in fuga costante dalla morte, eppure è una fuga che porta comune verso la sua direzione. Il paradosso governa ogni cosa.»

Alessandra De Angelis