Esiste un pezzo della storia del nostro Paese che ancora brucia e che allo stesso tempo sembra distante anni luce: gli anni ’70, le dinamiche eversive, la capitale che oltre al centro della vita politica diviene il luogo dove i giovani iniziano a morire per eroina, una sostanza che non giunge all’improvviso e nemmeno improvvisamente. Ed è intrecciando questa scia di mistero, collegandola saldamente ai fatti storici, alle indagini e ai documenti che Il figlio peggiore si materializza come un romanzo che è un noir storico ma anche una grande narrazione di inchiesta: il libro scritto a quattro mani da Peter D’Angelo e Fabio Valle, uscito per Fandango, è appunto ambientato in una Roma livida e notturna, animata dai giovani con i pantaloni a zampa d’elefante, capelloni e sovversivi, tra il centro e le periferie, conferendo alla storia un sottofondo urban, immaginabile subito come una pellicola alla Romanzo Criminale di Giancarlo De Cataldo, in grado di ricostruire, dal basso della “strada”, attraverso le vicende di una banda criminale anni fondamentali per il Paese e “Miccia Corta” di Sergio Segio, il «comandante Sirio», tra i fondatori di Prima Linea, l’organizzazione armata di estrema sinistra per il rapporto e l’internità con il movimento del Settantasette. Il figlio peggiore si inserisce e si accomoda in questo filone, dipanando gli eventi di una pagina scura e poco conosciuta. La penna di Peter D’Angelo è rapida e affilata da buon giornalista d’inchiesta che ha lavorato per Report, Presa Diretta, Petrolio, oltre che per varie testate, tra cui Corriere della Sera, la Repubblica, L’Espresso e si affianca a quella di Fabio Valle, scrittore e documentarista che ha lavorato per Il Salvagente, scritto inchieste per Chiarelettere e documentari per RaiDoc3. Insieme hanno imbastito la storia fondandosi sui documenti del Ros e dalla testimonianza di un ex agente del Sid relativi all’inchiesta sull’operazione “Blue Moon”.
L’operazione compare subito, sin dalla prima pagina, estrapolata da un interrogatorio ad un agente del Sid: “Lei ha mai sentito parlare dell’Operazione Blue Moon”, “Sì, promuovere la diffusione delle sostanze stupefacenti avrebbe abbattuto la soglia di un eventuale ribellione nei giovani”.
Si entra subito quindi nella dimensione di inchiesta di quella che sarebbe stata un’opera di “spaccio” nei movimenti giovanili di opposizione per sedare lo spirito rivoluzionario che in quegli anni serpeggiava intenso e incandescente.
Il protagonista del romanzo è Carlo Misticò, un giornalista vecchio stampo, che vede subito in modo interrogativo l’ondata di eroina che si allarga su Roma: con la collaborazione di Selce, un amico storico che frequenta gli ambienti più degradati della città, Silvia, una reporter di “Stampa Alternativa”, Francesca, figlie della borghesia romana e un commissario di polizia.
Ma l’eroina non è arrivata misteriosamente nella capitale. Carlo Nisticò il cronista trentenne è ispirato al giornalista Carlo Rivolta, vicino al movimento romano e ai protagonisti di quella stagione così ricca e tumultuosa, con il suo sguardo acuto da osservatore indipendente, ma mai neutrale, che è diventato la voce del ’77. I personaggi che animano il romanzo sono credibili, dipendenti e sognatori, schiacciati dagli anni del cambiamento imbevuti dalla “strategia della tensione”.
Come Luca Zanassi, un personaggio centrale perché sarà lui a rappresentare la fotografia dei ragazzi di quel momento storico e sarà lui stesso a fornire degli elementi importanti e decisivi per l’inchiesta. Il libro è dominato dagli anti-eroi che si muovono spezzati tra le necessità, le dipendenze, la voglia di riscatto e verità, come se il confine dall’essere dalla parte giusta o sbagliata della Storia fosse sempre più fragile e sottile.
Ne Il figlio peggiore scritto in modo diretto e incalzante, con un lessico che si immerge nel noir classico (ma anche nel giallo) quindi preciso e scorrevole una delle prime sensazione che arriva alle lettrici e ai lettori è quella di trovarsi davanti a una storia vera e poco conosciuta, per questo ancora più accattivante. Viviamo anni sicuramente complicati, sferzati dalla recessione, dai cambiamenti della società e del clima, dalla iper tecnologia, ma basta volgere lo sguardo a qualche decennio fa per scoprire che gli Anni di Piombo sono stati altrettanto difficili e faticosi per il nostro Paese, che per certi versi riportano al presente in termini di lotta di classe, il riaffermare i diritti fondamentali ( pensiamo a quello dell’aborto, ultimamente materie di scontri e polemiche): tendiamo a mitizzare un passato che spesso si rivela pieno di ombre che non conosciamo. E dentro queste ombre i personaggi del romanzo cercano di fare il meglio per sopravvivere e trovare un proprio posto nel mondo, sapendo che, la vita può condurre a strade inaspettate in cui si diventa peggiori, appunto “figli peggiori”.
De Andrè cantava “Con due gocce d’eroina s’addormentava il cuore” e in questo romanzo il tentativo di “addormentare” è sempre quello che sta alla base dell’operazione deliberata e massiccia delle sostanze stupefacenti.
Solo ora grazie a narrazioni come Il figlio peggiore alcune dinamiche si stanno comprendendo meglio, si leggono con più chiarezza: la letteratura serve anche a illuminare le zone meno limpide della storia di un Paese.
Antonella De Biasi
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