“Un grande architetto e designer racconta ai più piccoli come guardare cose e case per capirne meglio il significato”. E così è accaduto che dopo aver progettato oggetti iconici come la lampada Chiara per Flos, il divano Le Bambole per C&B Italia immortalato magistralmente dalla macchina fotografica di Oliviero Toscani e tante altre sedie, ciotole, rubinetti e calcolatrici, Mario Bellini ha sentito il bisogno di raccontare perché fa quello cha fa: disegnare oggetti di design. E nel libro 🔗Il design spiegato ai bambini (Bompiani, 2018), con l’aiuto dei disegni di Erika Pittis, sceglie di rivolgersi ad un pubblico di piccoli lettori forse tenendo a mente l’aforisma attribuito ad Albert Einstein secondo cui: “non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”. Nonna o nipoti, non è tanto un fatto di età, quanto di semplicità del pensiero che i più piccoli e i più grandi condividono, da un lato per una limitata conoscenza, dall’altro per un’ampia sapienza.

Inizia dunque un racconto autobiografico in cui Bellini bambino ricorda di aver progettato la sua prima casa ad otto anni con suo cugino Antonio e di non aver mai smesso da allora a progettare non solo case, ma tutto quello che era contenuto nel loro interno.

“A tutti piace l’idea di disegnare il mondo, le cose. Basta guardarsi intorno e le idee sono lì appese, come mele su un albero. Bisogna allungarsi, staccarle e prenderle. Lo faccio anch’io ogni tanto”. Già, perché ogni oggetto raccontato da Bellini non è mai creato dal nulla, sembra sempre ispirato dalla natura, dagli animali, dagli esseri umani stessi che sono fatti di corpo e cultura.

“Ho disegnato una poltrona lunga abbastanza per distendersi e tenere sollevate le gambe. L’ho chiamata Bruco perché mi ricorda proprio quel buffo animale che tutti conosciamo”. E ancora “Ho disegnato una lampada che è una nuvola magica da appendere al soffitto. Come quelle che vedete in cielo. Ma invece della pioggia le mie nuvole mandano giù la luce”. E poi una caraffa che ricorda un elefante, teiere che somigliano a pavoni, rubinetti che mimano simpatici pinguini. Ed ecco che il mondo degli oggetti, come quello delle favole, si anima di creature magiche, animali che non parlano, ma fanno molto di più nella vita quotidiana di ognuno, soprattutto ci fanno sentire il mondo intorno a noi più familiare, ripercorrendo linee e forme che da sempre i nostri antenati umani hanno visto.

Tra tutti gli oggetti però che Mario Bellini racconta, quello più magico è senza dubbio il tavolo. “Il tavolo è un ponte che fa incontrare le persone. Che su un tavolo giocano, fanno i compiti, preparano da mangiare, mangiano, parlano discutono […] Esistono da quando ci sono le case e se oggi ne vedete tanti e diversi, dovete sempre ricordarvi che sono tutti nati dallo stesso bisogno di stare seduti da soli o con altri”.

Ed è questa in fondo la magia propria di questo racconto che sembra parlare ai bambini, ma parla a tutti noi. E cioè che, nonostante il complicarsi di forme e tecnologie, i bisogni dell’uomo a cui gli oggetti rispondono rimangono sempre gli stessi, “perché tutto quanto riguarda l’essere umano cambia poco e lentamente come succede a noi, ai nostri corpi e alle abitudini che si conservano di famiglia in famiglia”.

È una grande lezione per chi pensa al design come al forzatamente nuovo, al forzatamente moderno, al forzatamente tecnologico, senza ricordare che all’origine degli oggetti, anche i più avveniristici e stravaganti, ci sono sempre vecchi bisogni e modi d’esistere. Sedersi, dormire, mangiare, lavarsi, condividere. All’origine c’è sempre l’essere umano e il suo mondo.

Mario Bellini, classe 1935, vincitore di otto Compassi d’Oro e con venticinque delle sue opere esposte al MoMA di New York, riesce con la semplicità di cui sono capaci solo le menti più argute a raccontare uno degli ambiti culturali e artistici più ambigui: il design.

E a renderlo anche divertente.

Loredana La Fortuna