Beati quelli che nella vita non si fanno domande, vanno dritti senza guardare l’immenso intorno che c’è, e se devono disegnare il loro animale preferito scelgono il cane, il gatto o al massimo il criceto. E se tu disegni il calamaro gigante ridono e ti prendono in giro…”

Fabio Genovesi torna a parlarci di mare e molto altro, nel suo romanzo Il calamaro gigante.

Un romanzo strabiliante già nella sua struttura: l’autore prende pezzi di quel che ha sempre avuto attorno e li intreccia alle vicissitudini di personaggi lontani nel tempo, vissuti in tempi e in luoghi diversi e ci racconta una storia che ha dell’incredibile, dell’improbabile: la storia di un animale troppo strano e grande per pensarlo vero, il calamaro gigante.

Ci parlerà di esploratori stravaganti e scienziati irregolari, come Don Negri, un prete romagnolo del ‘600 che a quarant’anni molla tutto per inseguire il suo sogno da bambino di conoscere l’estremo nord. A quarant’anni nel ‘600 ormai è tardi per certi colpi di testa. Ma Don Negri se ne infischia della parola “ormai”, che, come dice Genovesi, è una parola assassina che serve a non partire, non fare, non provare a cambiare le cose intorno a noi e parte per un folle viaggio alla scoperta delle “genti settentrionali”. Sarà proprio da questi popoli che sentirà parlare per la prima volta del calamaro gigante, ne sentirà parlare così tanto e ovunque che non potrà fare a meno, al suo ritorno, di raccontarne i dettagli nel suo diario di viaggio. Sarà così il primo a descrivere questa bestia incredibile, il calamaro gigante o detto anche Kraken. Più tardi, nel bel mezzo del ‘700, anche Erik Pontopiddan, vescovo di Bergen, nell’opera, a cui ha dedicato gran parte della sua vita, la Storia naturale della Norvegia, ci regalerà una descrizione attenta e accurata di esso. E anche di loro tutti rideranno, perché il mondo accademico non è pronto per qualcosa che contraddice tutte le teorie scritte sin ora, si tratta solo di “fantasie da marinai che passano troppo tempo a fissare l’acqua e a mischiarla col whisky”.

Stesso destino è riservato alle scoperte di Mary Anning, una ragazzina che cerca conchiglie e piccoli fossili da vendere a turisti per sfamarsi e che grazie a questa attività, scoprirà tanti reperti che faranno storcere il naso agli scienziati creazionisti dell’epoca, ma che arricchiranno la storia del nostro pianeta.

Genovesi mescola le vite di questi personaggi a racconti di vita privata, come la storia di sua nonna Giuseppina, che a cena parlava con il marito morto da anni, della compagna delle medie che un giorno smette di camminare per non pestare le formiche.

E tutto questo lo fa dando vita a pagine sorprendenti, divertenti, commoventi. Pagina dopo pagina Genovesi ci ricorda “quanto siamo minuscoli in mezzo a tanta enorme potenza, tanta spaesante varietà” e ci avverte perché ci ritroveremo “davanti ad un bivio: o torniamo subito con lo sguardo basso e diciamo che è assurdo, è impossibile, non esiste. Oppure lasciamo andare i nostri appigli, abbracciamo questa spaesante meraviglia…” E ci invita a non pensarci troppo perché “ogni pensiero è un chiodo che ti pianta dove stai tra sbadigli e rimpianti” e a buttarci nell’immensità che ci circonda, perché solo quando capiremo che facciamo anche noi parte di questa meraviglia riusciremo a prenderci davvero cura della natura e di noi stessi

Il suo è un piccolo grande libro e “i grandi libri sono così, quando loro finiscono, dentro di te comincia qualcosa. Che è potente e ti commuove, ti muove, e vai.”

Giuseppina Gigante