Amalia Guglielminetti è una delle voci più significative della letteratura femminile italiana di inizio Novecento. Nata in una famiglia borghese che mal tollera il suo talento per la scrittura, Amalia vive la Torino della Belle Époque. La sua poesia, intrisa di sensualità e inquietudine, di impegno nel ridefinire il ruolo della donna nella società, unita alla capacità di esplorare le profondità dell’animo umano, la rendono una figura straordinariamente moderna. In un mondo in cui la rappresentazione femminile è privilegio maschile, lei va controcorrente. Dotata di uno stile audace e raffinato, accostabile al registro simbolista italiano, trasforma la scrittura in uno strumento di lotta contro il conformismo. I suoi versi, in gran parte tratti dall’esperienza personale, raccontano un femminile che sfida i ruoli imposti, anticipando molte delle tematiche che diventeranno centrali nei movimenti femministi del secondo Novecento. Da ricordare la sua partecipazione a Torino, nel maggio del 1925, alla riunione del comitato pro voto donne.

Fin dagli esordi, con Voci di giovinezza (1903) e, soprattutto, con Le vergini folli (1907), le sue protagoniste oscillano tra ingenuità, purezza e risveglio sensuale. Il tema dell’indipendenza emerge con forza, spesso in contrasto con il desiderio di essere amate. Il vitalismo estremo e le forti ambivalenze sono, del resto, aspetti importanti della sua personalità poliedrica.

“Colei che ha gli occhi aperti a ogni luce
E comprende ogni grazia di parola
Vive di tutto ciò che la seduce.
Io vado attenta perché vado sola…”

La poetessa descrive una donna che si ribella, che si sente “folle” proprio perché vuole essere padrona del proprio destino. L’immagine femminile che propone è lontana da quella tradizionale: non è un angelo del focolare né una musa ispiratrice passiva, bensì una figura  consapevole del proprio potere, capace di sedurre e di imporsi emotivamente e intellettualmente. Questo aspetto è evidente nella raccolta Le seduzioni (1910), in cui l’eros si fa strumento di affermazione personale ma anche fonte di tormento. La donna rappresentata ricorda le femmes fatale della letteratura e dell’arte fin de siècle, dotata, però, di una coscienza più lucida della propria identità e del proprio valore.

Solo ne L’insonne (1913), la sua ultima raccolta in versi, Amalia lascia trasparire il femminile maturo, costretto a salutare con amaro cinismo il sogno d’amore, in seguito alla consapevolezza dell’immutabile condizione della solitudine umana.

Siamo soli nel mondo: ciascun vive in
Mezzo a un deserto.
Nulla per noi è certo fuorché questo vuoto profondo...”

Lo sguardo acuto e penetrante sulla psiche è in linea con alcune tematiche della psicoanalisi freudiana. L’eros e il desiderio, la lotta tra pulsioni vitali e restrizioni morali,  la ricerca di libertà, sono tutti elementi che affiorano nella sua scrittura con un’intensità rara per l’epoca.

Dal punto di vista psicoanalitico, la sua opera esplora le tensioni interiori di una donna divisa tra bisogni di affermazione e desideri di riconoscimento affettivo, tra impulso e rassegnazione. La Guglielminetti non solo descrive le emozioni femminili, ma ne analizza i conflitti e le angosce, le fratture interiori, mettendo in luce una complessità che fino a quel momento la letteratura maschile aveva spesso semplificato o ignorato. La sua scrittura è, in questo senso, un atto di autoanalisi sofferta – forse influenzata anche dalla precoce scomparsa del padre – un percorso di continua oscillazione tra spontaneità e artifici, in cui, tuttavia, si ha spesso la sensazione che qualcosa di lei rimanga sfuggente, inafferrabile, come ad opera di un nascondimento.

Con il passare degli anni, e in seguito a esperienze negative che ne appesantiscono lo sguardo,  subentrano la riflessione sulla caducità delle cose, il disincanto e un senso di inevitabile solitudine. In particolare, l’ultimo periodo della sua vita è segnato da scandali giudiziari e da un progressivo oblio, culminato nella reclusione in un istituto psichiatrico: sola. In sintonia con la scritta che avrebbe voluto far incidere sulla sua lapide: Essa è pur sempre quella che va sola.

Rita Brescia

Bibliografia:
S. Raffo, Lady Medusa. Vita, poesia, amori di Amalia Guglielminetti, Milano, Bietti, 2012.
A. Ferraro, Singolare femminile, Amalia Guglielminetti nel Novecento italiano, Società editrice fiorentina, Firenze, 2022.