Se ci fosse ancora Jean-Claude Izzo oggi compirebbe 73 anni; l’occasione per pensare a cosa significasse per me il “creatore del noir mediterraneo” è stata l’uscita a 15 anni dalla sua morte di Jean Claude Izzo, Storia di un marsigliese di Stefania Nardini, (Edizioni E/O 2015). Ultimamente ho seguito vorace monsieur le maire Robert Taro (Gérard Depardieu) negli intrighi del Consiglio Comunale della serie Netflix Marseille e mi sono tuffata dalla piattaforma della Corniche Kennedy nelle pagine di Maylis de Kerangal (Feltrinelli 2018). Alla fine è stato un possibile viaggio di lavoro a Le friche la belle de mai, ex manifattura tabacchi oggi spazio rigenerato dedicato all’arte, che mi hanno spinta definitivamente verso la tastiera.
Difficile raccontare in poche righe chi è diventato per me Izzo, il primo autore di cui ho pensato “Ma è morto, non può più scrivere! Come farò una volta letti tutti i suoi libri?”. E anche il primo scrittore che ho sperato conoscessero in pochi, perché volevo amarlo e leggerlo cento volte solo io. Con Marinai perduti in borsa e in barca verso lo Chateau d’If o con la finestra della cucina spalancata sulla piazza più bella del Panier ho capito che Marsiglia era uno dei miei posti dell’anima. Vicoli stretti in salita dove ti aspetta una vista mozzafiato sui tetti, l’aperitivo con un kir sulla luce del Vieux Port e l’Africa a un passo, oltre l’orizzonte. Niente era perfetto, la Capitale della Cultura ancora lontana e io e mia sorella ci perdevamo nei vicoli col cuore che faceva le capriole. Marsiglia che trova una spiegazione solo nella sua luce. Il sole a picco sulla corniche verso la Plage du Prophète o appena oltre, sulla Plage du Prado, osservare una famiglia araba che fa il bagno: lei entra in acqua col chador e improvvisamente sembra una Madonna azzurra che si scioglie nell’acqua. Dalla collina di Notre-Dame de la Garde, dove il silenzio annega nel blu del mare, guardare i tetti e avere il cuore in pace. A Marsiglia ho realizzato che esistono posti al mondo dove inspiegabilmente l’anima è a casa (mi è successo solo a Marsiglia e a Sarajevo. Qualche volta a Londra, lungo il Tamigi, e a Lisbona fin qui).
Leggere pagine su pagine, storie e personaggi. Innamorarsi di Montale che ovviamente nella mia testa è un uomo bello, coraggioso e maledetto (come, ovviamente, non ne ho ancora incontrati nella vita). Sognarseli questi personaggi, vederli negli occhi della gente sull’autobus, al mercato, al Vecchio Porto con un Pastis in mano. Trovare dentro Marinai perduti e ne Il sole dei morenti storie universali di esuli e dolore mai così attuali, mai così vere. Così si ritrovarono a tavola, non a casa loro ma tra di loro. Tutti dello stesso paese, il Mediterraneo. Dimenticando chi erano, perché erano su quella nave, in una notte d’estate a Marsiglia, per quel destino che fa sì che gli esuli, pur incrociandosi incessantemente, convengano in un luogo in cui finalmente felicità e infelicità si confondono. Erano in capo al mondo. Sull’Aldèbaran.
Jean-Claude Izzo è diventato scrittore dopo essere stato pacifista nell’orrore del Gibuti, attivista, giornalista e inviato per il quotidiano La Marseillaise per raccontare i drammi sociali della sua epoca. Le sue storie le cullano la musica di cantautori straordinari, da Gianmaria Testa a Paolo Conte, da Carosone a Miles Davis. E poi i Massilia Sound Sistem, Mano Negra e Cheb Khaled. Colonne sonore che chi ama i suoi libri ha ascoltato spesso per capire meglio ogni sua storia. C’è tutto questo nelle sue pagine e molto di più. C’è l’uomo capace di percepire e raccontare una città imperfetta e meravigliosamente alla deriva e poi raccontarla con la capacità rara che ha chi sa rendere le storie miserie, fortune e sogni universali.
Giovanna Solimando
Tutte le opere di Jean-Claude Izzo le potete trovare sui sito della sua casa editrice italiana E/O.
Marseille, ce matin-là, avait des couleurs de mer du Nord.
Les marins perdus, Jean-Claude Izzo
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